Il respiro

In questo lungo periodo, il respiro occupa l’attenzione della collettività perchè molti sono i collegamenti inerenti al covid 19. Ormai tutti abbiamo la testa letteralmente “frullata” dalle informazioni che riguardano la pandemia.
L’ombra della paura e dell’ansia si avvolge a molti, nelle molteplici fragilità.
Mi capita di raccogliere moltissime testimonianze da amici, conoscenti e  anche sconosciuti, tramite un servizio di consulenza psicologica organizzato per far fronte a questa emergenza psicologica. Forse i media, non hanno dato spazio a questa difficile realtà, considerando probabilmente prioritario il problema fisico. Ma che dire ormai che non sappiamo? Ognuno riconosce la stretta interrelazione tra psiche e soma. Molti altri invece  hanno saputo cogliere in questa fase anche delle opportunità, per interiorizzarsi, per porsi delle domande inedite circa il senso della vita, molti hanno recuperato il valore dell’essenziale e tanto altro.
In questi giorni, la morte del grande maestro Ezio Bosso, ha scatenato i social e le televisioni, per fortuna proponendoci le cose belle dette da lui, abbiamo un poì tutti riascoltato la sua interpretazione nei vari concerti. Abbiamo ascoltato i suoi semplici e grandi insegnamenti e soprattutto abbiamo goduto dei suoi sorrisi, della sua gioia, nell’esprimere ciò che aveva realizzato. I suoi talenti, la sua saggezza, sapeva metterla a disposizione di chi sapeva accoglierla.  In questo periodo così difficile, mi è parso importante che la sua vita come dono, potesse circolare tra noi, nelle nostre case. Credo che tutti, proprio tutti sappiano raccogliere i suoi doni, proprio perchè come tanti grandi dell’umanità posseggono tra le tante cose, il dono della semplicità. E poi, sappiamo riconoscere la gioia, sappiamo che non la si può imitare.
La gioia, come abbiamo spesso ricordato nel nostro gruppo è uno stato dell’essere. Non dipende da fattori esterni, ma matura e si  coltiva  dentro di noi, nei meandri della nostra psiche.  Amo definirla una espressione dell’Anima.
Nel nostro lavoro su eros/thanatos, i nostri vissuti, i nostri sentimenti spesso convergono, verso un sentire unito. Ogni volta che affrontiamo la morte, sopratutto le nostre piccole morti, capaci di lasciare spazio ai nostri continui rinnovamenti, ci incontriamo con il respiro… che ci accompagna tutta la vita. Ce lo prendiamo dal cielo, quando nasciamo, e lo restituiamo al cielo quando moriamo. A noi piace definire la morte, il processo di restituzione, che passa attraverso appunto il respiro.
A questo riguardo, mi piace riportare il pensiero del maestro Bosso, che mi ha colpito e che riguarda il respiro.
PENSIAMO AL RESPIRO SOLO QUANDO CI MANCA” (E. Bosso)
Quando incontriamo la morte restiamo sempre senza respiro. E se chi viene a mancare era chi si definiva “compositore pneumologo” ossia uno studioso del respiro, allora siamo chiamati a ripensare al modo in cui respiriamo.
“Se incontri un maestro uccidilo” è, invece, il titolo parafrasato di un noto saggio di Sheldon Koop e ci invita a rinunciare ai maestri per divenire noi stessi maestri.
Questo è stato il destino di Ezio Bosso, morto per un cancro e afflitto da malattia neurodegenerativa, obbligato a farsi maestro di sè stesso poiché nessuno era in grado di indicare la via da seguire nella sua particolarissima vita artistica e biologica.
Lo abbiamo osservato e ascoltato dirigere e suonare, abbiamo ascoltato le sue parole perché ci indicassero come rapportarci con la caducità. Ha vissuto sulla terra in cui la signora con la falce era signora assoluta, e lo ha fatto come padrone di casa ironico e integerrimo. Oggi lo ricordiamo perché nel suo trapasso e nel suo trasmutare è contenuto un messaggio immaginale, è contenuto l’obbligo di portare con noi i contenuti delle sue esplorazioni sul respirare. La morte di Bosso allora è la necessità di trasformare il nostro rapporto con il respiro.
Il primo respiro è quello con cui iniziamo a vivere e si mostra violentemente candido. Uno schiaffo sul sedere che arriva come una carezza.
La mancanza di respiro,  quello di una corsa a perdifiato che contiene in se l’eccitazione e la bellezza del limite, è il secondo tipo.
Il terzo è il singhiozzo come respiro contratto e pulsante che scandisce il pianto ricordandoci che nel dolore possiamo continuare a vivere.
Poi abbiamo il respiro come incontro tra gli opposti, opposti che respirano insieme. Questo quarto tipo di respiro è quello che ci dona quell’affrettarsi lentamente che già i latini avevano messo a fuoco e che ci invita a respirare insieme, a trovarsi.
Il quinto tipo di respiro che il nostro gentile Bosso ha contemplato è quel parlare “sotto il respiro”, quel sussurrare che è tipico degli innamorati. Ma questo stesso respiro dell’amore è anche quello che si accende nel mito e nella mitologia. La parola mito rimanda infatti al “sussurro” e dunque all’amore. Ma amore come Eros, come slancio vitale.
Quando giungiamo al sesto respiro incontriamo l’ultimo respiro e sarà il sesto perché il sei è l’unione tra anima e animus, tra yin e yang, perché il sei è il vero inizio dell’opus, dicevano gli alchimisti. L’ultimo respiro che contiene e riassume tutta la nostra vita e l’esistenza del cosmo. “Espirare” è l’atto finale con cui restituiamo al mondo l’aria che gli abbiamo rubato.  Come se il cosmo respirasse l’aria dei nostri polmoni. Espirare come pegno estremo di gratitudine che consegniamo al mondo.
Imparare a respirare, insomma, è una questione di morte, si perché avremo imparato a farlo solo dopo l’ultimo respiro
Insomma un’apologia del respiro quella del nostro caro direttore di orchestra che si è piegato al volere del corpo, nonostante la sua indole da direttore. Allora l’apice della sua apologia risiede proprio nel suo trapasso, nel suo sottostare al destino caduco. Morendo ha reso concreto il suo percorso immaginale. Bosso ha osservato, esplorato, ascoltato e percepito il suo respiro. Ha contato i suoi respiri e si è chiesto ogni giorno quale sarebbe stato l’ultimo. E se muore un maestro del respiro, allora noi che entriamo in risonanza con questa morte, siamo chiamati a osservare, esplorare, ascoltare a nostra volta. Siamo chiamati a contemplare il respiro, e con lui tutto ciò che è aereo, tutto ciò che è soffio vitale ossia Psiche. E non poteva essere più necessaria questa operazione proprio oggi, proprio oggi che siamo funestati da un virus che va proprio a colpire la nostra capacità di respirare.
La polmonite con la corona forse voleva dirci proprio questo. Ma siccome non siamo dei bravi ascoltatori, ecco che un altro evento viene a indicarci la necessità di rivedere il nostro rapporto con il respiro, il soffio, la psiche. Voglio pensare a Ezio Bosso proprio così, come il maestro che decide di morire per indicarci una via che, anche se era già lì davanti ai nostri occhi, noi non riuscivamo a vedere. Bosso ci dice “uccidete e fate morire il direttore dentro di voi, smettete di dirigere l’orchestra e ascoltatevi con rispetto e umiltà. Allora sarete maestri e non più direttori”. Quale migliore terapia.
Non ho mai visto tanta vita in un uomo morente e questo mi ricorda le parole di Hillman che, morente, si soffermò a dire che non si era mai trovato così impegnato a vivere come in quel momento.

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2 risposte a Il respiro

  1. Greg dice:

    Il respiro ci incatena al mondo. Attraverso il respiro noi subiamo l’illusione di ciò che chiamiamo realtà. La consapevolezza dell’atto respiratorio è il primo passo “l’inizio” della sistematica e progressiva demolizione del concetto di realtà , acquisito appunto con il primo atto respiratorio, sin dalla nascita. Ma è una strada piena di pericoli e, per i.principianti serve una Guida sicura . Un antico assioma ermetico dice “così in alto , così in basso” . Cioè ciò che succede in alto , nelle alte sfere, è simile a ciò che succede in basso , cioè qui sulla Terra , a noi umani. E il nostro semplice respiro è la corrispondenza del respiro del nostro Creatore : espira e crea universi, inspira e tutto ritorna nel Suo seno , in attesa di una nuova Creazione. Il nostro respiro è quindi si, una catena che ci lega alla manifestazione fisica, ma anche una via di uscita per sperimentare , come un anticipo , già qui , ora, su questa Terra , un barlume di Vita Eterna.

  2. Lucia dice:

    Grandiosa riflessione che unisce la trilogia respiro, vita, morte di questo grande Maestro che ha oltrepassato il velo. La musica è nell’aria ed è gioia per l’anima.

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