Paura di morire… paura di vivere!

La prima, grande paura, la radice di ogni paura è la paura della morte.
Facciamo di tutto nella vita per evitare di sentirla e cercare di nasconderla in ogni modo:
– indossando le vesti del salvatore che, per sentirsi utile e sopravvivere, ha bisogno di una vittima;
– indossando quelle del saggio o dell’uomo colto, che deve trovare qualcuno che l’ascolti;
– indossando quelle dello scrittore, che ha bisogno dei suoi lettori;
– indossando quelle del padre o della madre, che si deve prendere cura di qualcuno per riconoscere il suo valore;
– indossando quelle dell’avvocato, dell’artista, del terapeuta, di qualcuno che può essere visto e validato solo per il ruolo che sta ricoprendo.

Facciamo di tutto per non sentire quel vuoto e quella paura.
Spesso quel vuoto ci ha portato a fare una marea di terapie ricordando e mantenendo in vita il passato e le antiche ferite.
E se invece ci fermassimo per un attimo ad ascoltarlo quel vuoto?
Se trovassimo la forza di abbandonare ogni ruolo o status sociale, se provassimo per un momento ad immaginare chi saremmo senza quell’habitus al quale siamo aggrappati (o legati, magari inconsciamente)?
Se lasciassimo andare tutta quella ‘materia’ alla quale ci attacchiamo con forza, che sia una casa, un figlio, una figlia, una madre o un padre, un partner o una persona cara, un’auto, un lavoro, (basta pensare a qualsiasi cosa che abbiamo paura di perdere), se solo ci provassimo, come ci sentiremmo? Ci sentiremmo ancora validi, visti, riconosciuti, amati?
Quella è la verità che non vogliamo vedere e che ci fa più paura, quella è la verità dalla quale fuggiamo e che, perciò, più ci perseguita!
La paura della morte!
Ma quella è la paura dell’ego, non dello Spirito!
E fin quando saremo attaccati all’ego, avremo sempre paura della morte, della perdita, della fine.
Perché un ego senza ruolo non è nessuno e, perciò, è come se morisse!
Una madre senza figlio non si sente una madre… un figlio senza padre si sente abbandonato… un dipendente senza lavoro o licenziato in tronco potrà cadere in depressione…
Ciò accade perché abbiamo fatto troppo affidamento su qualcosa o qualcuno, arrivando ad identificarci quasi totalmente solo con la nostra personalità e vita sociale.
E proprio questa forte identificazione ci impedisce di incontrare il vuoto e ce lo fa temere…
Ma la minaccia della morte appartiene solo all’ego, alla personalità, alla parte di noi che si è identificata con un ruolo.
Di cosa, infatti, abbiamo paura? Che tutto finisca?
Finirà, inutile negarlo, tutto finisce, nulla rimane per sempre, ma nulla può morire per lo Spirito (che siamo) perché tutto è interconnesso.
Noi siamo collegati con tutto ciò che ci circonda e mentre una parte del tutto sembra morire, un’altra sta per nascere e noi facciamo parte di entrambe i processi.
Mentre pensiamo di morire, in realtà stiamo rinascendo, ci stiamo solo trasformando, anche se spesso non riusciamo a cogliere questa realtà.
“Se l’inverno dicesse che ha nel cuore la primavera, chi gli crederebbe?” (K.Gibran)
La paura della morte che ci assale è, dunque, la paura di un Ego che si è fin troppo attaccato a qualcosa o qualcuno, di un Ego che vorrebbe che le cose non cambiassero mai e rimanessero per sempre, di un ego separato dal tutto e che vede, perciò, solo se stesso.
Perciò è quella la paura che dovremmo osservare, chiedendoci onestamente: ma è questo ciò che vogliamo? Vogliamo vivere sempre con questa paura di morire o di perdere? Vogliamo continuare a vivere sentendoci soli e abbandonati?
Se la nostra risposta è NO, allora dobbiamo osservarci con determinazione ed assoluta onestà e constatare quanto siamo stati NOI ad aver abbandonato lo Spirito (che siamo) nel momento in cui ci siamo identificati SOLO con il nostro Ego.
Ed è in quel momento che è nata la PAURA DI MORIRE, che non è altro che PAURA DI VIVERE!
Paura di Vivere, cioè, di vivere pienamente ed in connessione con il Tutto, che è solo Vita, mentre l’Ego, isolandoci dal Tutto, è solo morte e separazione, solitudine e vuoto.
Ma proviamo per un attimo a togliere importanza a noi stessi come singoli individui e singole anime, provando a connetterci con tutto quello che ci circonda, sentendo profondamente che ne facciamo parte, come se fossimo un piccolo frammento di un enorme ed interminabile mosaico o una piccola foglia di un’immensa quercia.
Cosa succederebbe a tutto quel mosaico se un solo pezzetto cadesse e si frantumasse? Cosa accadrebbe a quella quercia se cadesse solo una foglia? Nulla! Entrambi continuerebbero a vivere e ad esistere.
Il mosaico rimane un mosaico, avrebbe solo cambiato forma o colore, ma rimane tale.
Così sarebbe per la quercia.
Entrambi si sono trasformati perché la vita stessa è continua trasformazione. Se le cose non si trasformano e non cambiano, allora sì che sono morte!
Per vivere ogni cosa deve continuare a trasformarsi e noi siamo solo una parte del processo di tale trasformazione, noi siamo quell’unica piccola cosa che solo apparentemente muore, ma continua a far parte del Tutto che si trasforma.
Siamo solo Vita!
Siamo come quel pezzettino di mosaico o come la foglia, che senza il mosaico e la quercia non sono nulla, non esistono. Noi facciamo parte del Mosaico e della Quercia e continuiamo a vivere nel Tutto, che si trasforma incessantemente perché è Vita.
Dovremmo, allora, cambiare focus e concentrarci non sulla foglia e sul tassello, ma sull’insieme al quale essi appartengono. Riusciamo a vederlo?
Ogni persona che pensiamo ci abbia abbandonato continua a vivere dentro e intorno a noi solo in modo diverso.
Le persone che ci lasciano fisicamente fanno parte dello stesso Grande Disegno Divino al quale apparteniamo noi; loro hanno seguito un ciclo e noi ne stiamo seguendo un altro, ma siamo tutti interconnessi perché non esiste separazione nel mondo dello Spirito.
Chi si trasforma contribuisce a mantenere in vita quello che rimane: il pezzetto di mosaico che cade e si frantuma (e che da solo, staccato dal suo insieme, non servirebbe a nulla) lascia spazio ad un mosaico di colore diverso con un nuovo disegno, così come la foglia, che cade, sta contribuendo alla trasformazione e rinnovamento della quercia.
Dunque, tutto cambia e si trasforma, non dobbiamo osservare le cose separandole fra loro, ma come un’UNICA CREATURA IMMENSA ED ETERNA, che si trasforma in continuazione; solo così potremo percepirci solo come VITA.
Dovremo, però, prima osservare quanto l’ego ci tiene aggrappati alla nostra storia, al nostro nome, al nostro corpo…, al tassello, alla foglia.
Dobbiamo osservare quanto l’Ego, attraverso la mente, ci fa temere di morire a tal punto, da impedirci di vivere e quanto, seguendo ogni suo pensiero, allontani lo Spirito dalla nostra vita, facendoci sentire soli, mai sicuri ed in pericolo di morte.
Torniamo a casa, riconosciamo la Verità che siamo, espandiamo i confini perché siamo molto di più di quel che pensiamo e percepiamo.
Tornando a casa non avremo più alcuna paura, saremo liberi dall’illusione della separazione e in pace con noi stessi.
Riconosciamo di essere solo AMORE e VITA in continua trasformazione.
Siamo il Tutto… siamo il Mosaico, siamo la Quercia!
Buona Vita!

(liberamente tratto ed elaborato da un post di C. Sapienza)

Sara

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Una risposta a Paura di morire… paura di vivere!

  1. Gabri Carsana dice:

    Questi pensieri nutrono il cuore e l’anima. Gratitudine per quanti cercano di illuminare i nostri percorsi che spesso attraversano sentieri tortuosi, difficili, solitari. Certamente riconosciamo che la vita è davvero preziosa, indipendentemente dalle varie credenze, e conoscenze sulla continuità della vita. Credo sia importante per tutti, riconoscere che lasciare qualsiasi cosa, sia essa un lavoro, un figlio, un compagno, una casa, una abitudine, è decisamente faticoso. Ad ognuno piacerebbe lasciare tutto in ordine, in armonia, per poter dire, tutto è compiuto. La nostra vita invece, esce dai programmi, dalle previsioni organizzate, ci sorprende. Le situazioni spesso capitano all’ improvviso. Siano esse una lettera di un avvocato che ci induce una perdita, una separazione, siano esse un referto medico crudele.Ecco allora presentarsi lo stupore, l’incredulità, la negazione, l’evitamento, la rabbia, la depressione. Tutte risposte comuni a noi tutti, nonostante le tante letture, ricerche esercitazioni. Penso spesso a questa situazione, ed accettando queste risposte , forse poco evolute, accettando la paura come componente umana, arcaica che nell antichità ci ha permesso di non morire, forse riusciamo a traguardare anche questa prova, con dignità. Siamo umani, bisognosi di tante cose, in cammino, verso spazi luminosi.
    Ammiro spesso gli atei che riescono ad accettare più di qualunque altro il limite, la fine, probabilmente spinti da una necessità impellente, non rimandabile. Certamente la paura, naturale, umana, si addolcisce se troviamo le mani di qualche fratello, di qualche sorella che ci accompagna. E’ come partire, verso l’ignoto, anche se tante volte immaginato. Anche se è vero che nasciamo e moriamo soli, creare e nutrire una ostetricia della morte, renderebbe tutto più semplice, almeno fino a quell’ ultimo gradino che ti porta nelle braccia dell infinito.

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