Nel ricordare che dobbiamo morire…

Troppo spesso siamo portati a pensare che la vita abbia un inizio e una fine e come tale vada vissuta al massimo, senza sprechi. Viverla appieno per costruire e imparare cose che poi potranno servirci in un’altra dimensione. Come facciamo ad essere certi di cosa ci aspetta dopo la morte? E soprattutto, cos’è davvero la morte?
Certamente un disegno importante dev’esserci: non veniamo sulla Terra a caso ma per imparare lezioni di cui abbiamo bisogno per evolvere.
E allora… la morte non è una fine ma un nuovo inizio.
Noi siamo molto di più della materia: siamo anime che scelgono la materia per trascorrere una parte della loro vita in una dimensione che può aiutarci ad evolvere, a crescere e a riparare agli errori commessi in altre vite.
Una volta incarnati noi vediamo tutto dal punto di vista della materia e ci risulta difficile immaginare che possano esistere altre dimensioni o altri stati in cui la nostra anima può crescere ed evolversi. Siamo attaccati alla materia ed è per questo che ci risulta difficile sopportare la morte: ma cos’è la morte veramente? È la fine di qualcosa e la perdita di tutto ciò che è stato oppure è semplicemente un passaggio attraverso cui passiamo ad uno stadio diverso della nostra esistenza? E’ un passaggio tra uno stato fisico ad uno stato in cui la nostra anima si libera del veicolo fisico che l’ha trasportata per un periodo e rinasce a vita nuova. E’ solo un cambiamento di stato: nulla si perde ma avviene una trasformazione profonda che permette all’anima di proseguire nella sua evoluzione.
Passeggiando in un bosco possiamo vedere la rigogliosità della natura, vediamo anche piante e alberi morti, secchi, caduti, altri in putrefazione. Ma se guadiamo cosa c’è vicino, dentro, sotto, noteremo dell’altra vita che sta per nascere: piccole erbe, formiche che scavano il legno, germogli, altri insetti che freneticamente si muovono, l’aria che si muove, le piccole gocce di rugiada… In ogni cosa che finisce c’è l’inizio di qualcos’altro.
Nel ricordare che dobbiamo morire, ricordiamo anche che abbiamo una dimensione invisibile, non collegata al corpo, ricordiamo la nostra pura essenza, che va oltre i nomi e le forme. Ricordiamo che abbiamo la possibilità di scegliere in questa vita: possiamo decidere se vivere in conformità alle regole e all’educazione, oppure vivere in collegamento diretto con la nostra anima, con quella parte più profonda che è venuta sulla terra per evolversi, per completare fino alla fine il suo compito.
Il giorno dopo la mia “morte” sarò la stessa che ero il giorno prima, tranne per il fatto che non avrò il corpo fisico. In questa nuova condizione, potrò ancora esprimere me stessa attraverso il corpo eterico, che è una replica di quello fisico. Senza il corpo fisico, sarò conosciuta solo per quello che in realtà sono.
Quando si comprende, e si accetta, la legge del Karma, o legge di causa ed effetto, le nostre azioni cambiano. Quando attraverso la fede, sostenuta dalla conoscenza e dall’esperienza, l’immortalità diventa una certezza, non vi è più posto per la paura dell’ignoto, della solitudine e della sofferenza. Allora il termine morte assume il suo vero significato e, come per il giorno e la notte, vita e morte diventano inseparabili, eterni innamorati abbracciati.
La preparazione alla morte è paragonabile ai preparativi per un viaggio. Prima di partire bisogna documentarsi, conoscere i luoghi e sapere come si vive. Prepararsi alla morte è un modo di dare senso alla vita. Imparare a morire non solo si può: si deve.
La morte dell’ego, con i suoi falsi desideri di possesso, di potere e di prestigio, costituisce un elemento centrale del sentiero iniziatico e particolarmente dell’esperienza della morte. L’ego è lo strumento per la crescita. Paradossalmente è anche il freno di questa crescita a causa delle sue debolezze. D’altra parte, l’ego è la fonte di tutti i nostri problemi poiché è sinonimo di attaccamento. Solo sviluppando la compassione possiamo arrivare ad annullare l’ego. La compassione non è l’amicizia, ma l’amore disinteressato, poiché distrugge l’attaccamento.
Il corpo soffre quando muore poiché non vuole riconoscere la dimensione del vero io. Non sa dove va e non vuole lasciare la presa. Viviamo in un corpo per comprendere, e infine riconoscere, la nostra vera natura spirituale. Soltanto allora capiremo che non possiamo perdere nulla abbandonando il corpo fisico.
La morte è vero “mistero”, come del resto anche la vita, e se non si trova un senso alla morte anche la vita rischia di perdere il suo…
Il tema della vita e della morte è talmente fondamentale nella nostra esistenza che le risposte che ci diamo creano la nostra visione di ogni cosa.

Gianna

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