La vita, l’amore, la morte

Durante il nostro ultimo incontro amalino abbiamo trattato  in modo intimo della tematica della morte. Ne sono emersi pensieri, emozioni, racconti di esperienze personali. Ne è scaturito questo articolo scritto da Sandro,  diviso in due parti. Siamo sicuri che ad alcuni toccherà la mente ed il cuore. Grazie a tutti per questa condivisione. Gabri

DollarphotoclubIl tempo consiste, convenzionalmente, in: passato, presente, futuro. Il passato non c’è più e il futuro non c’è ancora.
Il nostro passato, che non c’è più, ha avuto inizio nel momento in cui siamo usciti all’aperto, anzi, un po’ prima, quando ancora nuotavamo beati nel nostro liquido, ma questo non lo possiamo ricordare. Ricordiamo invece, più o meno, e bene o male, quasi tutto quello che è venuto dopo. Questo bagaglio di ricordi e di esperienze è tutto il nostro patrimonio.
Nel nostro futuro, che non c’è ancora, c’è un’unica certezza certa, ed è il momento in cui ce ne andremo; per nostra fortuna non ci è dato sapere come e quando sarà. Il resto è solo vuoto, un vuoto che cerchiamo in qualche modo di riempire di speranze, di sogni, di progetti.
Ma la nostra vita si svolge unicamente in un eterno presente, un presente che ci sfugge e si accorcia ad ogni momento. Il meglio che possiamo fare è amare ciò che rimane del nostro presente e possederne ogni attimo, perché la vita è una e non ce n’è altre, ed è il bene più prezioso che abbiamo.
La capacità di amare è la nostra vera fortuna.
Amare noi stessi e tutto ciò che ci sta intorno, praticando l’amore in tutte le sue innumerevoli forme può essere il modo migliore di riempire il nostro lungo o breve futuro.
Abbiamo il diritto di essere felici, ma forse la felicità non esiste nemmeno, è solo l’illusione di un momento. Ma la serenità, quella sì, esiste. Magari non sempre si riesce a raggiungerla, ma non dobbiamo mai smettere di provarci.

C’è una storia di montagna, scritta parecchi anni fa, che, forse allora senza volerlo, andava a toccare questi argomenti.

IMG_4196UNA STORIA QUASI VERA
Quando, all’improvviso, sentì mancare l’appiglio e si trovò a volare nel vuoto, non ebbe paura, ma solo un attimo di stupore. Stringeva ancora tra le dita quel pezzo di roccia che si era staccato quando proprio non se l’aspettava; in quell’attimo rivedeva tutte le montagne della sua vita e quelle dei suoi sogni e tutto gli sembrava normale.
Gli era parso normale dover morire anche quella volta, tanti anni prima, quando la campana in vetta all’Adamello suonava da sola, mossa dal vento, e lui non vedeva più i compagni, ma solo un tratto di corda che si perdeva in un turbine di neve.
Da quel giorno, in montagna, aveva stabilito un suo personale rapporto con la morte, che lo faceva sentire più vivo. Sapeva che lei lo aspettava paziente, ed eccola ora, qualche decina di metri sotto, sulla poca neve in fondo al canalone.
Immagini, ricordi, sensazioni si svolgevano nitide, in quei pochi attimi di vita.
Aveva deciso di non legarsi, per sentirsi più libero, o forse per non coinvolgere altri.
La cordata: legati per la vita e per la morte. Una volta aveva detto, scherzando, a un’amica: “…la cordata è più vincolante di un matrimonio”. E lei, forse, ci aveva anche creduto.
I crepacci. Pian di neve.
Ogni volta il cuore gli balzava in gola dalla gioia.
Quel ragno filiforme in mezzo al ghiaccio, a 4000 metri.
I prati fioriti al Gran Sasso.
I consigli pacati, quando si sforzava per rimanere calmo nei passaggi difficili.
Quel fulmine sul Latemar, che l’aveva paralizzato in un terrore animalesco.
Il vento. Il sole. La pace solenne delle cime. La battuta scherzosa. I lunghi silenzi sulla via del ritorno.
Talvolta si volgeva indietro, a guardare nel tramonto la vetta appena lasciata. L’assaliva allora un desiderio prepotente di tornare su, a penetrare il mistero delle notti solitarie sulle cime, popolate di spiriti e di fate.
Quel suo rapporto fisico con la montagna lo faceva sentire giovane. Amava la montagna come si potrebbe amare anche una donna, e con la certezza che la montagna non l’avrebbe mai tradito.
E invece… ma in fondo era questa la fine che sperava, un volo nel vuoto che non finiva mai, negli occhi le immagini che aveva sempre amato; due attimi, un attimo, poi più niente.
“Sveglia, vecchio, che si parte! Dài che è tardi, saranno almeno le tre e un quarto!”.
Fuori le stelle pungono gli occhi come lame di ghiaccio.
Allaccia i ramponi in silenzio, srotola la corda sulla neve, sentendosi crescere dentro quella vaga inquietudine che sempre lo prende durante i preparativi.
Dopo i primi passi, come sempre, quel malessere oscuro si trasformerà per incanto in una calma serena, una grande pace con sé e con tutto il mondo.
IMG_0255Una striscia di luce si allarga a oriente, disegnando le creste più lontane.
Passo dopo passo, lentamente, sale verso la vetta, mentre la luce dorata si allunga sulla neve.
Tutto si rinnova e ricomincia, ad ogni nuovo mattino.
Un’altra vetta. Un altro giorno di vita.

Sandro F.

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Una risposta a La vita, l’amore, la morte

  1. Lucilla Bua dice:

    Bravissimo Sandro è stato emozionante Complimenti

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